sabato 23 maggio 2020

Step#19: La matematica del punto è utopia?


Potrebbe essere interessante legare l'utopia al punto attraverso un ambiente scientifico.
Utopìa è un termine coniato da Thomas More (italianizzato Tommaso Moro) nel romanzo "Libellus vere aureus, nec minus salutaris quam festivus de optimo rei publicae statu, deque nova insula Utopia"(1516).
Deriva dalle voci greche οὐ «non» e τόπος «luogo»; quindi «luogo che non esiste».
Il termine è talvolta assunto con valore fortemente limitativo (modello non realizzabile, astratto).

Per il matematico utopia e matematica non trovano modo di conciliarsi, dato che la scienza si basa su assiomi certi e il metodo scientifico, basato sulla dimostrazione, non può presentare aspetti utopici.
L'origine di assiomi, però, può essere messa in discussione.
Quest'ultimi costituiscono le "fondamenta" del sistema logico-deduttivo delle dimostrazioni matematiche, i teoremi sono le "sovrastrutture", ottenuti dagli assiomi con l'ausilio esclusivo dei principi della logica.

Nel Novecento il tramonto definitivo di questa impostazione logica è dovuto a Kurt Godel che in un articolo del 1931 affronta i problemi centrali e i fondamenti della matematica e dimostra l'impossibilità di ottenere coerenza e completezza dalla disciplina deduttiva. Quindi la più grande aspirazione dei matematici non si può realizzare: è un'utopia.
Analizziamo, ora, un esempio particolarmente rilevante.

 Il punto materiale.                                                                                                                    
Basato su delle considerazioni matematiche, il punto materiale è spesso usato per la semplificazione di problemi in fisica.                                                                                             
Si potrebbe dire che l'uso del punto materiale non è utopico?                                            
Partiamo dal principio: il punto, che abbiamo definito più volte in questo blog con diverse accezioni, è un ente a-dimensionale quindi di per se non sarebbe possibile né disegnarlo né vederlo.                                                                                                                                      Ecco allora che intervengono i postulati matematici a insegnarci come poter visualizzare e padroneggiare l'idea del punto.                                                          
Bisogna essere consci che il postulato non si basa su uno veridicità esperibile ma su un intuizione quasi utopica.                                                                                                         
Stiamo basando la nostra geometria analitica su un assioma che di per sé risulta essere una riflessione filosofica più che una verità.                                                                                         
Si potrebbe quindi asserire che, nel tempo, su alcuni assiomi, come quello preso in esame, esiste un tacito accordo, vengono definite vere delle congetture che di fatto non si possono intendere come tali ma che son decisamente utili nell'applicazione pratica. 
Infatti il punto materiale trova, come già preannunciato, la sua applicazione in fisica dove viene usato per identificare un corpo in cui la massa è concentrata tutta in quel punto che ne diviene il suo baricentro.
Questo è molto utile nello studio delle diverse forze applicate a quel corpo e per trovare con maggiore facilità il punto di applicazione della forza sul corpo stesso.
Altri esempi scaturiscono dal concetto di punto limite, definizione che viene spesso usato in tutti i campi dell'ingegneria.
Questi sono utilizzati come limiti ideale che non possono mai essere raggiunti concretamente:
  • una funzione può tendere ad un punto limite al quale si avvicinerà asintoticamente all'infinito ma che in un contesto reale non potrà mai raggiungere;
  • lo zero assoluto  è un valore limite nella scala Kelvin che esistere, ma che non può essere realizzato in laboratorio nel suo effettivo valore.

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